di Natale Zappalà
Roma, 2 dic. (Apcom) - La Conferenza episcopale italiana promuove l'insegnamento della religione cattolica (Irc) con un messaggio nel quale, in vista del prossimo anno scolastico, si rivolge alle famiglie che scelgono l'ora di religione per "incoraggiare positivamente quanti non l'hanno ancora scelta, affinché scoprano la ricchezza della dimensione religiosa della vita umana e la sua valenza educativa". "Nell'anno scolastico 2009-2010 l'insegnamento della religione cattolica è stato scelto dal 90% delle famiglie e degli alunni delle scuole statali. Tale dato sale al 90,80%, se si tiene conto anche di quanti frequentano scuole cattoliche", scrive la presidenza Cei nel messaggio. "L'alto tasso di adesione attesta la forza di attrazione di questa disciplina, di cui gli stessi avvalentisi sono i testimoni più efficaci. Proprio a questi studenti e alle loro famiglie chiediamo di incoraggiare positivamente quanti non l'hanno ancora scelta, affinché scoprano la ricchezza della dimensione religiosa della vita umana e la sua valenza educativa, finalizzata al pieno sviluppo della persona".
Si parta dal presupposto che la scuola italiana deve sempre e comunque garantire il rispetto della diversità che spetta agli studenti di diversa appartenenza confessionale, facilitandone l'integrazione all'interno di uno stato laico de jure. Ne consegue che l'invito del Card. Bagnasco – pur ossequioso del libero arbitrio, dal momento che se gli studenti cattolici scegliessero di persuadere tutti coloro che hanno scelto di non avvalersi dell'ora di religione (cattolica), questi ultimi rimarrebbero comunque nel diritto di rifiutare cortesemente – risulta inaccettabile.
Se alla CEI sta così a cuore “la scoperta della ricchezza della dimensione religiosa della vita umana e della sua valenza educativa”, allora si diano da fare per ridefinire i rapporti fra Stato e Santa Sede previsti dall'ormai anacronistico Nuovo Concordato del 1984, in modo da sostituire l'insegnamento esclusivo e monocratico della confessione cattolica con quello della storia delle religioni.
Difatti, l'unico modo per dotare i giovanissimi di una provvida apertura mentale nei confronti del “sacro”, orientando per davvero le loro menti alla comprensione di realtà ed atteggiamenti del genere senza mai interferire con l'inalienabilità delle convinzioni del singolo individuo, coincide con l'introduzione dell'indagine storico-comparativa dei fenomeni religiosi nei programmi didattici. Solo così i ragazzi, seguiti da docenti specializzati e possibilmente non selezionati dalle diocesi, potranno realmente arricchirsi culturalmente sull'argomento, imparando dalla diversità, dall''incessante ed imperturbabile cambiamento che caratterizza le cose umane. Analizzare criticamente la genesi, la tipologia, le peculiarità del fondatore, lo sviluppo e l'incidenza evenemenziale di ogni confessione costituisce una metodologia ottimale al fine di prevenire intolleranze, fondamentalismi e fanatismi in una società multiculturale come quella del XXI secolo.
Altimenti i vertici della CEI facciano più attenzione quando scelgono certi termini: “la valenza educativa della religione” è un concetto che non attiene al solo cattolicesimo, ma alle religioni nel loro complesso, e cioè ad una serie di aspetti riconducibili a mentalità e comportamenti che si collocano prima ed al di là della sfera umana (prius et supra, secondo la terminologia storico-religiosa), sia individualmente, sia come espressione di un dato gruppo umano. Se poi si parlasse di “valenza educativa del cattolicesimo”, allora il discorso è un altro e il Card. Bagnasco avrebbe sicuramente ragione nel far propaganda alla confessione a cui appartiene. Certo, si tratterebbe sempre di una forma larvata di ingerenza all'interno di uno stato laico sovrano – dove la religione del singolo dovrebbe interessare le istituzioni solo quando si rischia di mettere in discussione l'ordine pubblico – ma ormai ci abbiamo fatto l'abitudine.
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