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mercoledì 11 agosto 2010

La Musica si è fermata?

di Natale Zappalà


La tua immagine nel vento
che si mostra senza orgoglio
scivola leggera nei miei occhi...

Non è una poesia tratta da un'antologia novecentesca, ma, più precisamente, si tratta di un frammento di E mi manchi tanto, un brano degli Alunni del Sole, datato 1973.
Perle come questa – caratterizzate da un gradevole binomio fra la poeticità sussurrata del testo e struggenti melodie di ispirazione classicheggiante – sono oggi rivalorizzate dall'ascolto di musica via Internet, mezzo di comunicazione ottimale per muovere i primi passi all'insegna della riscoperta delle canzoni italiane d'autore.
Io stesso, ho avuto modo di conoscere il suddetto brano, in rete, fra i milioni di files condivisi dagli utenti virtuali più âgées, nostalgici di atmosfere e sonorità degli anni Settanta. Sfogliando fra i commenti a margine dei brani, non si può fare a meno di imbattersi in delle più o meno fondate critiche alla produzione discografica contemporanea, rea di essere vuota, inespressiva, nonché artisticamente scadente rispetto ai più competenti cantautori dello scorso trentennio.
Da appassionato di musica leggera italiana ed estera dei '70, non posso fare a meno di condividere queste critiche, evidentemente faziose e superficiali, seppur dettate da un'autentica passione per quelle forme “pure” di manifestazione artistica, ancora non contaminate dalle sozzure deitalent-shows o dai pupazzi venerati oggigiorno dagli adolescenti, spesso burattini senza idee, dagli addominali disegnati e con voce digitalizzata.
Ma la verità, in fondo, è un'altra. Non possiamo chiedere ai giovani d'oggi di ascoltare gli Alunni del Sole, Battisti o la Premiata Forneria Marconi, semplicemente perché questi grandi artisti non sono più in grado di impersonare gli umori, le ansie o gli ideali di una società, quella odierna, ormai radicalmente cambiata. In altri termini, come può, oggi, la maggioranza dei diciottenni, che spesso fa sesso con una ragazza ancor prima di frequentarla abitualmente (magari sotto l'effetto dei superalcolici), riscoprire, sulle note di canzoni come E mi manchi tanto, l'emozione dell'innamoramento, le trepidazioni di una fuggitiva storia estiva, l'attesa del primo bacio o della prima volta?
Qui non si tratta di sterile, moralismo sallustiano, ma di realtà oggettive; gli artisti del XXI secolo esprimono ciò che il pubblico vive ogni giorno, prodotti preconfezionati, storie di tronisti e veline, le mille fiere della vanità esportate dai mass-media. Perciò, evitiamo di formulare giudizi, e comprendiamo – ingoiando il boccone amaro – l'avvenuto cambiamento di costume e cultura che, inesorabilmente, detta legge. In fondo, nessuno mai potrà toglierci – mi riferisco ai miei “colleghi” nostalgici della “vera” musica, il diritto di scegliere cosa ascoltare.

Pubblicato su www.costaviolaonline.it

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