SU QUESTO BLOG NON SI PUBBLICANO COMMENTI ANONIMI

sabato 18 settembre 2010

Relativismo e Laicismo: gli spauracchi del cattolicesimo

di Natale Zappalà

L'Inghilterra si oppose eroicamente al nazismo, non ceda al laicismo”.
Benedetto XVI, 16/09/2010

A parte l'inopportunità di un paragone che accosta la barbarie ed il sangue versato dai nazisti ad una libera corrente di pensiero non violento, perché mai il pontefice massimo pone al centro di molte sue dichiarazioni pubbliche la necessità di scongiurare il laicismo? E perché mai, attraverso encicliche, discorsi o interviste, il vescovo di Roma attacca a più riprese il relativismo quale segno tangibile della degenerazione morale della società?
Il papa, oltre ad essere un capo di stato a cui preme la sopravvivenza dei suoi domini temporali, rimane soprattutto la guida spirituale incontrastata di una religione di carattere esclusivista (cioè che non accetta la coesistenza con altre confessioni, ritenendosi essa depositaria, per rivelazione, della verità universale), la quale non può permettersi di scomparire dalla vita pubblica.
Il laicismo ed il relativismo minano il prestigio, l'autorità, l'influenza e la centralità della Chiesa Cattolica all'interno dei singoli stati e – si veda più avanti – soprattutto in Italia.
Il relativismo gnoseologico o conoscitivo è un concetto di antichissima formulazione, ben più remoto nel tempo delle fatidiche “radici cristiane di Europa”, che risale ai presocratici, per poi definirsi compiutamente nel razionalismo cartesiano e nella grande stagione dell'Illuminismo. Senza andare ad elencare le singole posizioni filosofiche, il relativismo gnoseologico asserisce, in buona sostanza, che la conoscenza si basa su criteri unicamente soggettivi e dipendenti dalle naturali diversità ed individualità degli esseri viventi.
Le religioni, come quella cattolico-romana, pretendono invece di fornire misure oggettive ed universali entro cui racchiudere la verità dell'esistenza. Ecco spiegata l'avversione del pontefice tedesco al relativismo: esso mette in discussione quei principi e quei rituali collettivi sui quali è edificata l'impalcatura ideologica della comunità ecclesiale. Non sarà superfluo precisare che, dietro l'apparentemente generica denominazione di “relativismo”, si cela in realtà la condanna del contesto storico-culturale che fece della lotta all'autoritarismo ed all'oscurantismo dogmatico il suo caposaldo, l'Illuminismo. Come si potrebbe altrimenti attaccare una categoria oggetto di obbligo didattico? Meraviglie della retorica!
Il laicismo è un atteggiamento ed una corrente di pensiero che mira alla separazione coerente e giuridicamente fondata fra stato e religione. Esso discende dalle dottrine lockiane sulla tolleranza confessionale, oggi centrali nelle moderne legislazioni europee, e dall'esigenza di regolamentare e consentire la coesistenza di diverse religioni all'interno di un paese.
La religione del singolo, dettata da una scelta volontaria ed intimistica fatta dall'individuo stesso, non interessa minimamente allo stato, a meno che essa non giunga a turbare l'ordine pubblico e la concordia civile. Un'idea che sconvolge e confuta l'utopia, prettamente religiosa, di costituire uno “stato etico”in grado di “educare” i suoi cittadini; uno stato-laico ha invece il compito essenziale di tutelare il complesso delle persone e dei beni dei quali si compone.
Il problema, dal punto di vista papale – si ricordi che il pontefice massimo è ancora un sovrano teocratico (la teocrazia è una forma di governo in cui il potere politico è dettato dalla religione) – è che uno stato laico, laddove applicasse effettivamente la legge, escluderebbe la religione, in questo caso il cattolicesimo, dalla vita pubblica. In Italia, le continue ingerenze da parte delle autorità ecclesiastiche dimostrano che la laicità statale rappresenta ancora un obiettivo da raggiungere compiutamente.
La lunga durata della teocrazia papale nella storia della penisola, non importa se realizzatasi mediante false documentazioni (si pensi alla Donazione di Costantino, un documento assolutamente inautentico sul quale si fondava la legittimità del potere temporale dei papi sull'Occidente), violenze e sotterfugi, ha determinato una forte influenza del Vaticano sui governanti italiani, un'attrazione ancora magnetica agli inizi del Terzo Millennio, con buona pace di Locke, Voltaire e di tutti i passati sostenitori del motto “libera chiesa in libero stato”.
La prevalenza della Chiesa Cattolica in Italia ai danni delle altre confessioni religiose risulta evidente dalla lettura della stessa legge che ne regola i rapporti con la Repubblica. L'art. 3 della Costituzione stabilisce che «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali (…)».
Fin qui, tutto bene, sebbene la prevalenza del cattolicesimo ai danni delle altre religioni è esplicitata dagli articoli 7-8 (si ricordi che nella Costituzione Italiana, in merito alla legislazione confessionale, si trova un “copia ed incolla” del Concordato del 1929 fra Mussolini e la Santa Sede, poi aggiornato in base agli accordi del 1984 fra Craxi ed il cardinale Casaroli):

«Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale».

«Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze».

Dunque tutte le religioni sono uguali e con eguale diritto alla libertà di culto davanti alla legge, ma, per dirla alla Orwell, quella cattolica “è più uguale delle altre”, gode di privilegi maggiori rispetto alle altre. C'è di più: essendo il Concordato un trattato internazionale fra due stati (l'Italia e la Città del Vaticano), ne consegue che non è giuridicamente possibile modificare od abrogare gli articoli 7-8 tramite un referendum (ci tentarono i Radicali nel 1978, senza esito); pertanto un un'iniziativa in questa prospettiva deve essere presa giocoforza o dalla Chiesa Cattolica, o dai parlamentari italiani, secondo i farraginosi iter burocratici che disciplinano le modificazioni o le abrogazioni al testo costituzionale.
Tornando al nostro discorso, in conclusione, si può affermare che laicismo e relativismo sono gli spauracchi della Santa Sede, i nemici da combattere con priorità. Ciò nonostante il vertiginoso calo delle vocazioni, le cospicue statistiche relative agli abbandoni del cattolicesimo (richieste di apostasia, ossia la richiesta di cancellazione dei dati personali dagli archivi ecclesiastici), gli scandali finanziari, i reati sessuali dei chierici, e molto altro di più rilevante da affrontare.
Non siamo in grado di spiegare esaurientemente tale atteggiamento apparentemente autolesionista assunto dalle autorità cattoliche, ma, certamente, la lettura di queste poche righe può aiutarci a comprendere che la possibilità di mantenere il controllo delle coscienze vale più di un sincero perseguimento degli ideali umanitari e pacifisti, pur alla base del credo cristiano delle origini.

Nessun commento:

Posta un commento