di Stefania Guglielmo
Viveva
in un piccolo borgo un uomo curioso che, proprio a causa della sua
estrema invadenza, era solito fermarsi a parlare con chiunque
destasse il suo interesse.
Fu
così che una mattina di fine estate scorse, adagiato su una sedia a
guardare il mare, un uomo pensieroso, e subito si chiese a cosa
stesse pensando quel misterioso personaggio.
L’interesse
in lui era così vivo che il curioso si accomodò affianco all’uomo
assorto.
Per
i primi minuti rimase in silenzio e lo osservò mentre l’altro uomo
non notò la sua presenza, tanto era concentrato ad inseguire i suoi
pensieri; accadde così che più trascorreva il tempo in cui egli lo
osservava, più quel bizzarro modo di fare accresceva la sua
curiosità.
L’uomo
curioso finalmente cedette e così esordì:
«Buongiorno!»
Ma
non ottenne risposta; l'uomo era così pensieroso da non udire le
parole del curioso! Allora, imperterrito, ripeté con voce più
acuta:
«Buongiorno!»
A
quel punto l’uomo pensieroso sussultò e rispose:
«Buon…
Buongiorno! Mi scusi, stavo pensando».
«Eh...
L’ho notato! A cosa pensava di così importante ?»,
chiese il curioso.
«Pensavo
alla mia vita»,
rispose l'uomo meditabondo.
«Se
potessi ascolterei la sua storia. Mi incuriosisce, lo sa? Lei stava
pensando a qualcosa di troppo intenso per accorgersi di ciò che le
accadeva intorno»,
controbatté
il curioso.
«In
realtà io credo che non le piacerebbe udire la mia storia; se
potessi la cambierei!»
L’uomo
curioso, dopo questa enigmatica affermazione, non riuscì a contenere
oltre la sua sete di conoscenza, e così insistette finché il suo
interlocutore non iniziò a narrare le molteplici peripezie da lui
vissute. Sembrava proprio sfortunato!
Tuttavia,
mentre l’uomo curioso iniziò a chiedersi fra sé e sé come
potessero accadere tante sciagure ad un solo individuo, giunse un
altro personaggio, che subito catturò il suo volubile interesse.
L'uomo assorto ne approfittò per estraniarsi di nuovo dal resto del
mondo.
L’uomo
curioso, voltatosi, aveva scorto un giovane ragazzo dal sorriso
luminosissimo e gli domandò chi fosse. Il giovane cominciò così a
descriversi con allegria, parlando con consapevolezza di ogni suo
sogno e di ogni sua idea. Dopo di che si avvicinò all’uomo
pensieroso, e sfiorandogli la spalla gli chiese:
«Come
stai papà? Ti va di sapere cos'ho fatto oggi ?»
L’uomo
pensieroso, inizialmente stupito, annuì, e così il ragazzo cominciò
la sua narrazione, ma, sorprendentemente, durante il discorso del
figlio, il padre si estraniò nuovamente, e quando il giovane chiese
la sua opinione si accorse di non essere ascoltato già da un pezzo.
Se
ne andò profondamente deluso, rimanendo ancora più frustrato
nell’accorgersi che il padre non aveva notato la sua assenza.
L’uomo
curioso, che aveva attentamente assistito alla scena, rimase
esterrefatto, e così decise, per un mese intero, di tornare tutte
le mattine a sedere con quell’uomo pensieroso.
Con
l’andar del tempo, si accorse che il fanciulo, che speranzosamente
tentava di dialogare col padre, diveniva gradualmente sempre più
cupo, duro e chiuso, e finì per evitare qualsiasi domanda postagli
da quell’uomo che mai udiva le sue risposte.
Trovandosi
lì, un giorno, l’uomo curioso notò qualcosa di diverso nello
sguardo del fanciullo, e quasi senza riconoscerlo gli chiese chi
fosse…
Questi,
stupito, chiese se fosse davvero interessato a saperlo, ma, dopo
l’entusiasmo iniziale – che che per un attimo gli restituì le
sembianze d’un tempo –, incupitosi, proferì tali parole:
«Io
non sono degno di essere ascoltato».
Si alzò di fretta e fuggì via.
Atterrito
da ciò che aveva udito, il curioso si voltò verso l’uomo
pensieroso, ancora assorto, richiamò la sua attenzione e gli chiese:
«Com'è
potuto succedere tutto ciò? »
Questi
lo guardò perplesso e poi rispose:
«Di
cosa parla buon uomo?».
«Non
si è accorto proprio di nulla?»,
disse l'altro.
E
l’uomo pensieroso così concluse:
«No,
mi scusi, stavo pensando».
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