di Vittorio Calogero
Pyotr Ilyich
Tchaikovsky è stato un compositore dell'Ottocento Europeo, noto per
Lo schiaccianoci, Il lago dei cigni, La bella
addormentata – trio di balletti eseguiti in tutto il mondo –
e March of toys.
Alcune volte
componimenti per orchestrali come il Nabucco di Verdi, il
Barbiere di Siviglia di Rossini, il Bolero di Ravel, il
Requiem di Mozart e molti altri sono definiti come semplici
brani orecchiabili, ma per la loro bellezza e per le loro
caratteritiche devono esser definiti semplicemente come pura poesia.
Questo è il caso di
uno dei più grandi componimenti per violino e orchestra, il Concerto
per violino in Re maggiore Op. 35 di Tchaikovsky. Dopo le prime
critiche, il brano divenne in pochissimo tempo, grazie alle numerose
esecuzioni in Europa – specialmente al teatro Bolshoi di Mosca,
patria di Tchaikovsky –, uno dei più importanti concerti per
violino.
Il componimento si
divide in tre parti:
I) Allegro moderato.
II) Canzonetta o
Andante.
III) Allegro
vivacissimo.
La maestosità di
questo brano si manifesta nella prima parte, dove il tema con le note
alte, stridule del violino e il tempo moderato, che rievoca i momenti
tristi e malinconici, lascia spazio improvvisamente alle volatine,
alle scale e agli arpeggi dello stesso solista, con numerosi cambi di
tempo, e si contrappone sempre allo stesso tema, questa volta
riproposto dall'orchestra, ma in un tempo molto più allegro.
La prima volta che
ho sentito questo brano è stato nel corso del film "Il
concerto", basato proprio su questa composizione di Tchaikovsky,
ed è stato "amore a prima vista". Per cinque giorni non
sono riuscito ad ascoltare nessun altro brano oltre questo: mi aveva
colpito molto, sia per le volatine e per gli arpeggi veloci del
solista, sia per la bellezza del tema riproposto, nel movimento
maestoso e in quello triste.
Altro
che Giovanni Pascoli, questa sì che è una poesia.
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