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domenica 12 giugno 2011

Normalità o alterità?



di Stefania Guglielmo

«Ognuno di noi è una contromarca d’uomo, in quanto che è tagliato come sogliole, è di due uno e però cerca sempre la propria metà. […] ma quanti sono una fetta di maschio danno la caccia al maschio e finché sono ancora fanciulli amano gli uomini e godono a giacere e a starsene abbracciati con gli uomini e questi sono tra i fanciulli e i giovinetti migliori, perché i più virili di loro natura. Certo non mancano quelli che li chiamano impudenti ma mentiscono. […] e se ad essi nel momento in cui giacciono insieme si presentasse Efeso con i suoi strumenti alla mano e chiedesse loro : “che volete, o uomini, che avvenga di voi, all’uno per opera dell’altro? Desiderate voi soprattutto essere nello stesso luogo l’uno con l’altro in modo da non separarvi mai né di notte né di giorno?” […] a udir ciò sappiamo bene che nessuno, proprio nessuno, risponderebbe di no, né mostrerebbe d’aver mai desiderato altro, ma crederebbe d’aver udito precisamente ciò che egli desiderava da tanto tempo: di sentirsi unito e fuso con l’amato e divenuto di due un essere solo. E la ragione è appunto questa: che tale era in origine la nostra natura e che eravamo interi. Ebbene al desiderio e alla caccia dell’insieme si da il nome di amore».
Platone, Simposio, Discorso di Aristofane

Sono queste le parole che l’ateniese Platone poneva in bocca ad Aristofane in uno dei suoi più noti dialoghi. La circostanza era la medesima: una riunione tenutasi in casa di Agatone, alla quale prendevano parte alcuni intellettuali del tempo, prefiggendosi di celebrare Eros, il dio greco dell’amore. Si parlava dunque di cosa fosse l’amore, delle sue origini e delle sue conseguenze e, a tal proposito, arrivato il suo turno nella catena simposiale, Aristofane – al fine di illustrare ai convitati la sua concezione dell’amore – proferisce un discorso sulla genesi degli uomini. Era sferica, per il commediografo, la forma originaria degli esseri umani, ma in seguito venne spezzata in due per ira divina, costringendo gli uomini alla ricerca perenne della propria metà perduta. Aristofane tratta poi dell’amore fra uomo e donna nato dalla divisione delle sfere composte dal sesso originato dal sole (il sesso maschile), e da quello originato dalla Luna (il sesso femminile), ma parla anche dell’amore fra donna e donna e di quello fra uomo ed uomo, quest'ultimo generato dalla divisione delle sfere di sesso androgino. Distingue così tre sessi NATURALI dell’uomo ma li fa convergere nell’unico discorso che riguarda Eros, il quale, a pari livello e dignità, li colpisce tutti indistintamente.
Non vi era dunque distinzione all’interno dell’amore nel mondo greco, anzi, un'ipotetica distinzione risultava inconcepibile poiché l’intensità e la veridicità di Eros non poteva dipendere dal sesso dell’amante, quanto piuttosto dal suo desiderio di sentirsi unito con il proprio amato. Inutile precisare che, nonostante il pensiero occidentale moderno affondi le proprie radici nel mondo greco, la concezione dell'amore all'interno della società odierna è notevolmente cambiata.
Oggigiorno, il rapporto uomo-donna viene ritenuto espressione della «normalità» e, allo stesso modo, le altre tipologie di rapporto sono considerate «altre» rispetto al «normale». Oggi è «malato» e quindi «bisognoso di aiuto» chi non è «normale»: ma siamo sicuri che le caratteristiche più diffuse, le uniche degne di nota, siano quelle della supposta «normalità»?
Persino la religione maggioritaria in Italia, quella cattolica, sulla base dell'interpretazione della Bibbia, giudica la coppia eterosessuale come unica depositaria dell’immagine di Dio. Alcuni critici sostengono che in realtà Gesù Cristo non si sia mai espresso a riguardo e che, addirittura, la concezione cattolica contraddice lo stesso messaggio messianico, considerando l’omosessualità alterazione della normalità e limitandone i diritti. Tuttavia, al di là di qualsivoglia professione di fede o ideologia, è opportuno che almeno all'intero degli ambienti istituzionali – le scuole o gli uffici per esempio, venga finalmente adottato un atteggiamento coerente, coscienzioso, comprensivo e tollerante nei confronti della naturale diversità degli orientamenti sessuali relativi ad ogni singola persona.
Si pensi alle classi numerose di oggi, nelle quali viene impartito l'insegnamento della religione cattolica: spesso esse annoverano una vasta gamma di adolescenti che nell’ambito delle loro profonde diversità individuali hanno il sacrosanto diritto di non sentirsi definiti «anormali», «diversi» o protagonisti di situazioni drammatiche. E' una violenza psicologica bella e buona la pretesa di etichettare come portatori di anomalie (o addirittura di «malattie») qualsiasi tipo di individuo e, per chi volesse impostare una discussione di carattere etico, sarebbe certo maggiormente amorale arrogarsi il diritto di giudicare le preferenze sessuali degli altri piuttosto che condurre la propria vita – con coerenza e nel rispetto della legge e del complesso dei cittadini – attuando liberamente le proprie scelte.

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